martedì 30 dicembre 2008

GOSHO DI CAPODANNO

I Gosho sono lettere che Nichiren Daishonin, vissuto in Giappone nel XIII secolo, scriveva ai propri discepoli per incoraggiarli nella fede o in periodi difficili. Il Gosho di Capodanno viene letto il primo giorno dell'anno dalle persone che praticano il buddismo di Nichiren Daishonin e rappresenta un incoraggiamento a rideterminare ad ogni inizio d'anno gli obiettivi da realizzare nella propria vita e per compiere il grande voto del Budda: fare in modo che tutte le persone possano diventare felici.

Ho ricevuto un centinaio di mushimochi (1) e una cesta di frutta. Il giorno di capodanno è il primo dei giorni, l'inizio del mese, l'inizio dell'anno e l'inizio della primavera (2). La persona che celebra questo giorno accrescerà le sue virtù e sarà amata da tutti, come la luna diventa piena da occidente a oriente e il sole risplende avanzando da oriente a occidente.
Per prima cosa, riguardo alla domanda di dove si trovino l'inferno e il Budda, alcuni sutra affermano che l'inferno si trova sotto terra, altri che il Budda risiede a occidente. Ma a un attento esame, risulta che entrambi esistono nel nostro corpo alto cinque piedi. La ragione per cui penso così è che l'inferno esiste nel cuore di chi disprezza suo padre e non si cura di sua madre. E' come il seme del loto che contiene al tempo stesso il fiore e il frutto.
Anche il Budda esiste nei nostri cuori, così come dentro la pietra focaia esiste il fuoco e dentro la gemma esiste il valore. Noi comuni mortali non possiamo vedere le nostre ciglia che sono vicine né il cielo che è lontano.
Ugualmente non sappiamo che il Budda esiste nel nostro cuore. Tu potresti dubitare e chiedere come possa il Budda risiedere dentro di noi se il nostro corpo, generato dallo sperma e dal sangue dei genitori, è la fonte dei tre veleni e dei desideri carnali. Ma riflettendo bene se ne comprende la ragione. Il puro fiore di loto sboccia dalla melma, il profumato sandalo cresce dalla terra, il grazioso bocciolo di ciliegio spunta dall'albero, la bella Yang Kuei-fei (3) nacque da una serva e la luna si alza da dietro le montagne e le rischiara.
La sfortuna viene dalla bocca e ci rovina, la fortuna viene dal cuore e ci rende degni di rispetto.
Il tuo cuore che desidera fare offerte al sutra del Loto ora, all'inizio del nuovo anno, è come il fiore che spunta dall'albero, come il sandalo che cresce sulle Montagne Nevose o come la luna che sorge. Ora il Giappone, diventando nemico del sutra del Loto, si è attirato la sfortuna da mille miglia lontano, pertanto coloro che credono nel sutra del Loto attireranno la fortuna da mille miglia. L'ombra è formata dal corpo e, come l'ombra segue il corpo, la sfortuna colpirà la nazione i cui abitanti sono nemici del sutra del Loto, I seguaci del sutra del Loto, al contrario sono come il profumato legno di sandalo.

5 gennaio

Alla signora Omosu

Nichiren


(1) I musumochi sono dolci di riso tradizionali delle feste di Capodanno.
(2) Secondo il calendario lunare, la primavera inizia in gennaio.
(3) Yang Kuei-fei era la favorita dell'imperatore Hsuang-tsung della dinastia T'ang. Sebbene fosse di umili origini, fu scelta dall'imperatore per la sua straordinaria bellezza.

venerdì 26 dicembre 2008


Se una persona è affamata, dovremmo darle del pane. Quando non c'è pane, possiamo almeno offrire parole che rinfrancano.

Con una persona che pare fragile o malata possiamo parlare di qualche argomento che le sollevi il morale, infondendo in lei speranza e determinazione di guarire.

Diamo qualcosa a ogni individuo che incontriamo: gioia, coraggio, speranza, fiducia, filosofia, saggezza, prospettiva per il futuro.

Diamo sempre qualcosa.

Daisaku Ikeda - "Giorno per giorno" - Ed. Esperia

mercoledì 22 ottobre 2008

Ferisce più la lingua che la spada…..

Ho trovato questo bellissimo racconto, inserito in numerosissimi blog e siti. La versione più completa è la seguente, che ho trovato nel sito http://www.messaggeredivittoria.org/
Questo racconto viene attribuito in un altro sito a Isabelle Guerry, in un altro ancora viene definito un Tantra dell’antica India. Comunque sia, lo trovo molto significativo.


“C’era una volta un ragazzo con un carattere irascibile. Un giorno decise di recarsi dal saggio del villaggio per chiedere il suo aiuto. “Saggio, aiutami. Non riesco ad avere degli amici. La gente non ama stare in mia compagnia perché sono spesso critico e irascibile”. Il saggio gli disse: “Prendi questa scatola di chiodi. Pianta un chiodo nella palizzata ogni volta che ti renderai conto di aver dato un giudizio troppo severo, di aver criticato qualcuno ingiustamente, di aver perso le staffe, di aver fatto una battuta troppo sarcastica o di aver detto qualunque altro tipo di cosa spiacevole verso un’altra persona. Quando riuscirai a non piantare nemmeno un chiodo torna da me”. Il giovane annuì e se ne andò. I primi giorni fu un disastro: arrivò a piantare fino a 37 chiodi. Poi gradualmente diminuì. Diventava sempre più consapevole delle sue reazioni e riusciva a controllarle. Scoprì anche che era più facile mantenere la calma che piantare chiodi nella palizzata! Finalmente arrivò il giorno in cui il giovane non piantò alcun chiodo. Tornò dal saggio fiero del suo risultato. “E’ stato difficile ma ci sono riuscito. Eccoti i chiodi che restano”. Il saggio gli sorrise. “Bravo” gli disse. Ora sei pronto per la seconda parte. Torna dalle persone che hai accusato, giudicato o offeso in qualche modo e chiedi scusa in modo sincero per il tuo comportamento. Togli un chiodo dallo steccato per ognuna delle volte che lo farai. Quando avrai tolto tutti i chiodi torna da me”. Il giovane annuì e se ne andò. Questo gli sembrava un compito davvero difficile ma decise di andare fino in fondo. Dopo diverse settimane il giovane tolse anche l’ultimo chiodo dalla palizzata.Ritornò dal saggio e gli porse la scatola dei chiodi con fierezza “Ecco, questi sono tutti i chiodi che ho tolto dalla palizzata, non ne è rimasto nemmeno uno”. “Bravo” disse il saggio. “Ora vieni con me”. Il saggio lo portò davanti alla palizzata e il giovane fu contento di dimostrare che effettivamente non ci fossero chiodi rimasti. Il saggio disse “Che cosa vedi ora?”. “Uno steccato con i buchi dei chiodi che ho tolto”. “Ecco, questo è il punto. La palizzata non tornerà mai come prima. Quando dici delle cose preso dalla rabbia, esse lasciano una ferita, proprio come questi buchi. Non puoi piantare un coltello nella carne di un uomo e poi estrarlo. Non ha importanza quante volte dirai “mi dispiace”, la ferita sarà ancora lì. Anche se hai chiesto scusa ad una persona che hai ferito, il buco rimane. Le nostre parole restano nel tempo. E’ molto meglio comunicare con parole d’amore e di comprensione per poter vedere i frutti nel tempo. ”La fierezza sul viso del giovane si spense rapidamente. Il saggio proseguì: “Ecco, prendi questi semi. Ogni volta che dirai parole d’amore e di comprensione pianta un seme nel tuo giardino. Non dovrai più tornare da me ma ricordati di ringraziare Dio quando potrai godere della compagnia dei tuoi amici all’ombra delle piante che saranno cresciute”.

Le nostre parole continuano a vivere dopo di noi, nelle azioni che sono generate nelle persone che ci hanno ascoltato, che abbiamo ispirato. Possono essere fiori o veleno, siamo noi a deciderlo. Noi stessi siamo il risultato di tante parole che abbiamo sentito e ascoltato da diverse persone. I nostri valori, le nostre credenze derivano da altre persone che ce li hanno trasferiti in modo più o meno consapevole. Dentro di noi portiamo la vita delle persone con cui siamo entrate in contatto.

martedì 21 ottobre 2008



Un singolo carattere del Sutra del Loto è come la grande Terra che dà origine a tutte le cose.
Un singolo carattere è come il grande oceano che contiene l’acqua di tutti i fiumi.
Un singolo carattere è come il Sole e la Luna che illuminano le quattro direzioni.
Questo singolo carattere si trasforma nella Luna.
La Luna si trasforma in un Budda.
Il grano di riso si trasforma in germoglio.
I germogli si trasformano in steli.
Gli steli si trasformano in riso.
Il riso si trasforma in una persona.
E una persona si trasforma nel singolo carattere myo.
Il singolo carattere myo si trasforma nel Budda Shakyamuni seduto su un piedistallo di loto.
Nichiren Daishonin - Risposta a Onichinyo

sabato 4 ottobre 2008




Il Buddha Shakyamuni disse…..




Non credete a qualcosa soltanto perché l’ho detto io, né accettate le tradizioni unicamente perché provengono da un mondo antico, né seguite gli scritti dei saggi perché furono tramandati dai saggi.
Dovete accettare unicamente ciò che riceve l’approvazione della vostra coscienza; ecco perché vi ho insegnato a credere soltanto se ciò che vi è proposto lo avvertite nella vostra interiore coscienza….
A questo punto servitevene abbondantemente.

sabato 6 settembre 2008

L'insorgenza delle malattie dal punto di vista della filosofia buddista e del karma



Il Buddismo è nato dall’esigenza di dare una risposta alle quattro sofferenze fondamentali della vita: nascita, vecchiaia, malattia e morte. La cosa più importante è il modo in cui si possono superare queste quattro sofferenze, le quali rappresentano l’impermanenza di tutti i fenomeni. Secondo il Buddismo tutto è questione di vittoria o sconfitta, anche la malattia. Il modo in cui affrontiamo le questioni della vita, con coraggio o facendoci schiacciare dai problemi, determina se vinceremo o saremo sconfitti.
La morte è il punto finale della vita presente, ma allo stesso tempo è il punto di partenza della vita successiva. Nella profondità ed eternità della vita sono incisi gli ostacoli karmici accumulati nel passato. Anche la malattia è una loro espressione. Ma dal punto di vista del Buddismo essa è un espediente per condurre le persone all’Illuminazione.
Il problema della malattia nel Buddismo ha origini molto antiche.
Già nel III secolo d.C., Nagarjuna (1) suddivise e ordinò le malattie in “malattie karmiche” e “malattie presenti” e poi in “malattie del corpo” e “malattie della mente”.
Nel VI secolo d.C., T’ien-t’ai (2), nel Maka Shikan, offrì la più completa classificazione delle malattie dal punto di vista del Buddismo. Egli suddivise i tipi di patologie in tre grandi categorie:
- malattie del corpo
- malattie della mente
- malattie karmiche
Secondo T’ien-t’ai, le cause che generano le malattie sono sei:
- disarmonia dei quattro elementi
- assunzione eccessiva di cibi e bevande
- vita sregolata
- attacco di “demoni” dall’esterno
- azione di “diavoli” interni
- effetti del karma
Le prime quattro cause riguardano le malattie del corpo, la quinta causa le malattie della mente e la sesta le malattie karmiche.
“Demoni” e “diavoli” indicano l’azione di forze o di corpi che assumono una funzione distruttiva o destabilizzante per l’individuo.
Questa classificazione delle malattie va da quelle meno gravi a quelle più gravi, definite dalla medicina convenzionale “inguaribili” o “incurabili”. Proprio per queste ultime la pratica buddista diviene indispensabile. Se essa è in grado di curare le malattie definite incurabili (“karma immutabile”) a maggior ragione è efficace nelle malattie definite curabili (“karma mutabile”).
Il Buddismo fa continui riferimenti alla malattia e alla medicina utilizzando metafore, simbologie e allegorie tra il processo di Illuminazione e quello di guarigione. La scienza occidentale, improntata al razionalismo, tende alla separazione tra mente e corpo, individuo e ambiente, uomo e Universo. Il Buddismo, invece, afferma l’unicità di individuo e ambiente (non solo inteso come ecosistema).
Nel Gosho (3) “La benefica medicina per tutte le malattie”, Nichiren Daishonin afferma: “Dalla malattia nasce il desiderio di ricercare la Via”. In questo senso, la malattia da causa di sofferenza che determina paura, sconforto, senso di impotenza, diventa mezzo per trasformare il proprio karma ed ottenere l’Illuminazione. Questo modo di vedere la malattia pone l’accento sull’atteggiamento mentale nella cura e sull’importanza della salute psicologica e spirituale. Infatti, la disperazione e la rassegnazione sono la vera “malattia mortale”.
Tutta la storia del Buddismo può essere letta come una grande metafora del medico e della malattia: il medico è la Legge mistica (4), il malato è la vita. Molte sono le parabole in cui il Budda viene paragonato ad un medico, la sofferenza ad una malattia e i suoi insegnamenti ad una efficace medicina.
Shakyamuni stesso studiò a lungo la medicina e divenne esperto nelle tecniche mediche del suo tempo. Nagarjuna affermo’: “Il Sutra del Loto è come un grande medico che cambia il veleno in medicina”. Miao-lo (5) spiega: “Dato che può curare ciò che è ritenuto incurabile, è chiamato myo o mistico….Myo significa rivitalizzare, cioè far ritornare in vita”.
Veri e propri trattati di medicina e studi specifici sono stati scritti con lo scopo di classificare le varie malattie e individuarne le cause, le caratteristiche e i rimedi per curarle. Allo stesso Shakyamuni sono attribuiti quattro trattati, composti di 156 capitoli totali, nei quali vengono considerate sia le funzioni dell’organismo in stato di salute, sia le diverse malattie. Vi sono menzionati 84.000 tipi di malattie, la cui origine è da ricercarsi nelle diverse combinazioni tra “cause remote” e “cause immediate”. Le malattie dovute a “cause remote” vengono individuate principalmente nella mente, nell’attaccamento ai desideri terreni e nei tre veleni di avidità, collera e stupidità. Le malattie dovute a “cause immediate” sono dovute allo squilibrio tra i tre umori di “aria, bile e flemma”, energie fondamentali che governano il funzionamento dell’organismo umano. In base al rapporto tra i fenomeni della mente e quelli del corpo, le malattie vengono intese come differenti condizioni di “mente distorta”, collegate a specifici effetti fisici.
Nella medicina buddista viene data grande attenzione alla prevenzione delle malattie, all’igiene personale, alla cura del proprio corpo e all’alimentazione. Lo stesso Shakyamuni consigliava di seguire una dieta sana, di mantenere una accurata pulizia e di dormire bene.
Nei Sutra vengono menzionati spesso i bagni termali e i bagni caldi o freddi come cura di alcune malattie. Particolare attenzione veniva data all’esercizio fisico per aiutare la digestione, facilitare la concentrazione e la chiarezza di pensiero.
Shakyamuni non ricorse mai a guarigioni religiose o rituali magici. Egli dava alla gente indicazioni pratiche per curare le ferite e le malattie, prevenire le infezioni e le epidemie.
Un principio fondamentale della medicina e della filosofia buddista è l’inseparabilità della vita dal suo ambiente. Shakyamuni insegnava che per essere protetti dalle aggressioni esterne è necessario rispettare il proprio ambiente e qualsiasi forma di vita ne faccia parte. In questo modo è possibile sviluppare una inesauribile forza vitale in grado di perseverare ogni individuo da aggressioni e incidenti esterni.
Un altro principio fondamentale è quello dell’eternità della vita. Molte malattie considerate incurabili possono guarire grazie ad una visione più ampia che tenga conto delle persone e del loro karma. Secondo il Buddismo, esiste una stretta relazione tra le azioni che un individuo compie nel corso della vita e gli effetti che tali azioni possono avere durante la sua esistenza presente e futura. Le forme di malattia “inguaribile” di cui un essere umano può soffrire sarebbero il risultato di azioni compiute in questa o in altre esistenze contro la Legge mistica e la vita (es. aver ucciso una persona). Queste malattie “inguaribili” possono guarire solo attraverso una profonda trasformazione dell’individuo. Shakyamuni esortava le persone affette da malattie incurabili a risvegliare il loro innato potere curativo, facendo emergere la natura di Budda inerente alla loro vita. Dove un comune mortale vede nella malattia incurabile una disgrazia e un dolore impossibile da superare, il Budda (6) vede un fenomeno naturale che fa parte della vita stessa, come qualsiasi altro fenomeno. La guarigione è la conseguenza naturale della trasformazione del proprio karma.
Ogni malattia ha, generalmente, più di una causa. Per alcune patologie è possibile individuare una causa predominante, per altre no.
Le sei categorie di cause di malattia esposte da T’ien-t’ai possono anche muoversi e combinarsi, determinando la comparsa di altre patologie. In generale, tutte le malattie, dal momento che sono sofferenze, sono effetti del karma, cioè di cause negative. Ma la sesta categoria (malattie karmiche) si riferisce proprio alle cosiddette malattie “inguaribili”. L’unica medicina in grado di guarirle sarebbe la pratica buddista. Nel settimo volume del Sutra del Loto si legge: “Questo sutra è la benefica medicina per le malattie di tutta l’umanità”.
Le prime cinque cause di malattie sono prodotte nel corso dell’esistenza presente; la sesta ha origine nelle esistenze precedenti. Nel Gosho “Curare la malattia karmica”, Nichiren Daishonin (7) afferma: “I disturbi del sesto tipo derivano dal karma e sono i più difficili da guarire. Presentano diversi livelli di gravità e non è possibile formulare giudizi definitivi”.
La malattia karmica può essere sia fisica che mentale. La sua cura non è un problema strettamente individuale. Infatti, oltre al karma individuale esiste anche un karma familiare e un karma collettivo (sociale) e tutti interagiscono tra di loro. Questo è il riflesso del principio di inseparabilità della vita dal suo ambiente.
Secondo il Sutra del Loto, nemmeno un Budda è completamente libero dai dolori. La malattia è considerata come la naturale manifestazione di una condizione vitale. Ciò che conta è l’atteggiamento dell’individuo e la sua capacità di attivare il potere di guarigione intrinseco alla vita stessa. Paura e rassegnazione possono essere motivo di sconfitta, mentre la combattività e il rifiuto di considerare la malattia come una condanna a morte aumentano le probabilità di guarigione. La pratica buddista serve ad attivare e utilizzare gli illimitati potenziali ed energie inerenti alla vita, tramite lo sviluppo della buddità che esiste in ogni persona.

1. Nagarjuna: filosofo che collaborò allo studio e alla propagazione degli insegnamenti buddisti
2. T’ien-t’ai: massimo interprete degli insegnamenti contenuti nel Sutra del Loto e fondatore di una scuola che da lui prese il nome
3. Gosho: scritto in forma di lettera che Nichiren Daishonin inviava ai suoi seguaci per incoraggiarli nella fede e nalla pratica dell’insegnamento buddista di Nam-myoho-renge-kyo.
4. Legge mistica: legge della vita e dell’Universo che permea tutti i fenomeni. Nel buddismo di Nichiren Daishonin è sinonimo di Nam-myoho-renge-kyo.
5. Miao-lo: grande maestro buddista
6. Budda: persona che percepisce la vera entità di tutti i fenomeni e si è risvegliata alla Legge mistica.
7. Nichiren Daishonin (1222-1282): monaco laico buddista giapponese che rivelò per primo la Legge di Nam-myoho-renge-kyo., il 28 aprile 1253. Ottenuta l’illuminazione, egli rivelò la Legge mistica per fare in modo che tutti gli esseri umani potessero raggiungere l’Illuminazione. A questo scopo dedicò la sua intera esistenza, subendo numerose persecuzioni sia da parte delle altre scuole buddiste che dal governo giapponese. Egli materializzò la Legge mistica in un oggetto di culto chiamato Dai-Gohonzon, che rappresenta la sua vita illuminata nella forma di un mandala. Per estensione, il Gohonzon rappresenta la vita illuminata di ogni persona che recita Nam-myoho-renge-kyo davanti ad esso.

La divinità dell'uomo - un'antica leggenda indù



Un’antica leggenda indù racconta di un tempo in cui tutti gli uomini erano dèi.
Essi però abusarono della loro divinità. Allora Brahma, signore di tutti gli dèi, decise di privarli del potere divino e di nasconderlo in un posto dove fosse impossibile trovarlo. Il problema era individuare un buon nascondiglio.
Quando gli dèi minori furono riuniti a consiglio per risolvere questo problema, essi dissero: “Seppelliamo la divinità dell’uomo nella Terra!”.
Ma Brahma rispose: “No, non è sufficiente, perché l’uomo scaverà e la ritroverà”.
Gli dèi allora dissero: “Gettiamo la divinità nel più profondo degli Oceani!”.
Ma Brahma disse di nuovo: “No, perché prima o poi l’uomo esplorerà tutti gli Oceani e sicuramente un giorno la ritroverà”.
Gli dèi minori, sconfortati, risposero: “Allora non sappiamo proprio dove nasconderla, perché non sembra esistere, sulla terra o in mare, un luogo che l’uomo non possa prima o poi raggiungere”.
A quel punto Brahma disse: “Faremo così: la nasconderemo nel suo io più profondo e segreto, perché è il solo posto dove non andrà mai a cercarla”.
A partire da allora, l’uomo ha fatto più volte il giro della Terra, ha scalato le montagne, ha scavato nelle profondità della terra, ha esplorato gli oceani, alla ricerca di qualcosa che si trova proprio dentro di lui.

venerdì 5 settembre 2008

Due occhi: il Sole e la Luna - di Daisaku Ikeda



Il Buddismo di Nichiren Daishonin insegna che la nostra vita è identica a quella dell’intero Universo e che l’intero Universo è identico alla nostra vita. Ogni singola vita umana è un microcosmo. La pratica buddista giornaliera è un “rito” importante che consente di ottenere la comunicazione vitale del microcosmo della vita di ogni persona con l’Universo. Il Buddismo paragona simbolicamente il corpo umano all’Universo proprio per dimostrare che la vita individuale è un microcosmo. La testa è rotonda come lo sono i cieli sopra di noi. I nostri occhi sono il Sole e la Luna. Li chiudiamo e li apriamo come il giorno e la notte. I nostri capelli brillano come le sette stelle dell’Orsa Maggiore. Il respiro è come il vento e il quieto respiro dalle narici è come la dolce brezza delle vallate.
Ci sono circa 360 articolazioni nel corpo umano e rappresentano i giorni dell’anno. Le dodici articolazioni maggiori rappresentano i dodici mesi. La parte anteriore e più calda del nostro corpo (l’addome e lo stomaco) è la primavera e l’estate. Quella posteriore e più fredda (la schiena) è l’autunno e l’inverno. I vasi sanguigni e le arterie sono ruscelli e fiumi. Quando c’è un’emorragia è come se fosse esplosa una diga. Le nostre ossa sono i sassi, la pelle e i muscoli la terra, i peli la foresta. Vari testi buddisti espongono dettagliatamente queste corrispondenze, includendovi ciascun organo interno, e mostrando così che il nostro corpo è senza alcun dubbio un universo in miniatura. Una grande quantità di metalli e di minerali - oro, argento, rame, potassio, calcio - si trovano nelle profondità della terra. Anche le funzioni e le qualità di tutti questi materiali sono racchiusi nel nostro corpo. Le infinite particelle del cosmo: atomi, protoni, fotoni, elettroni, neutroni, ecc., animali piccolissimi come batteri, la legge di gravità, la conservazione di massa ed energia, e tutte le altre leggi dell’Universo si riferiscono più o meno allo stesso modo al nostro microcosmo. Un’occhiata al funzionamento del corpo ci fa ricordare che esso è come una grande farmacia: ha la capacità di produrre le medicine di cui abbiamo bisogno per mantenerci in salute. Prese attraverso il cibo esse si trasformano in nutrimento ed energia. Il cervello umano ha la potenzialità di un enorme computer (sebbene noi non sempre siamo in grado di usarlo). I sessanta miliardi di cellule del nostro corpo lavorano insieme in perfetto bioritmo.
Questa è la successione reale delle cose.
Daisaku Ikeda

venerdì 11 luglio 2008

Una favola buddista sull'umanità


Una persona chiese ad un buddista cosa fosse l'Inferno.
Il buddista lo portò a vedere l'Inferno.
Dentro una sala larga e luminosa , riccamente imbandita di ogni prelibatezza, c'erano file di tavoli con tovaglie splendide e posate preziose e cascate di frutta e composizioni di cibi straordinari. Ma le persone presenti erano tutte tristi e disperate perchè avevano, all'estremità delle braccia, delle bacchette lunghe quanto le braccia stesse che impedivano loro di portare il cibo alla bocca e quindi di poter godere di tutta quella magnificenza.
Avere tutto a portata di mano e non saperlo cogliere è l'Inferno.
E il Paradiso? Il buddista portò quella persona a vedere il Paradiso.
Entrarono in una sala larga e luminosa uguale in tutto e per tutto a quella dell'Inferno.
Stesse file di tavoli imbanditi, stesse prelibatezze. Ma lì tutte le persone erano felici, nonostante avessero anche loro le bacchette lunghe attaccate alle braccia che gli impedivano di arrivare ai cibi e portarseli alla bocca.
Erano felici perchè si imboccavano a vicenda.
(tratto da Buddismo e società - n. 129 - luglio/agosto 2008 - pag. 21)

lunedì 26 maggio 2008

Il mio incontro con il Buddismo


Ho incontrato il Buddismo di Nichiren Daishonin nel dicembre del 1989.
Precedentemente, nell'aprile dello stesso anno, avevo fatto una breve esperienza in un monastero zen in Italia, a Fidenza. In occasione dell'annuale celebrazione della festa delle associazioni buddiste ho vissuto nel monastero, facendo la stessa vita dei monaci e indossando il kimono. Stavo bene. Mi alzavo alle 4 del mattino come loro, recitavo i sutra e i mantra come loro, mangiavo come loro, lavoravo come loro, facevo meditazione come loro. Ma.....sentivo che non era esattamente ciò che cercavo. Sentivo che dovevo cercare ancora.
In quel periodo studiavo lingue orientali all'università di Venezia e stavo preparando un esame di filosofia e religioni orientali. Dentro di me risuonava ancora la melodia della recitazione dei sutra e dei mantra sperimentata qualche mese prima. In un libro di testo trovai la frase "Myoho renge kyo". Iniziai a recitarla a voce alta e sentii l'armonia di quel suono. Desiderai incontrare qualcuno che mi insegnasse a recitare quel mantra e dopo pochi mesi, la notte di Natale, incontrai una persona che mi parlò proprio di Nam myoho renge kyo.
Ho trovato nel Buddismo di Nichiren Daishonin ciò che cercavo. Ho trovato le stesse risposte sulla vita che avevo già trovato dentro di me quando, ragazzina, soffrivo e piangevo per una famiglia che non mi piaceva e mi rispondevo che avevo scelto io di nascere in quella famiglia. E non sapevo nulla sul concetto di karma, allora. Nonostante l'educazione cattolica non credevo nella Chiesa e in un Dio, ma che esistesse qualcosa che governava tutto l'Universo e che non sapevo definire.
Ora credo che tra le diverse religioni esista solo una differenza formale, ma che nella sostanza, quando si opera per il bene, si arriva tutti allo stesso punto. Credo che Uni-verso significhi "tutto nella stessa direzione".
Da quando ho incontrato il Buddismo sono passati quasi vent'anni, tra alti e bassi di fede e di vita. E finalmente ho scelto. Penso che non esista modo migliore per diventare felici che recitare Nam myoho renge kyo.