Il Buddismo è nato dall’esigenza di dare una risposta alle quattro sofferenze fondamentali della vita: nascita, vecchiaia, malattia e morte. La cosa più importante è il modo in cui si possono superare queste quattro sofferenze, le quali rappresentano l’impermanenza di tutti i fenomeni. Secondo il Buddismo tutto è questione di vittoria o sconfitta, anche la malattia. Il modo in cui affrontiamo le questioni della vita, con coraggio o facendoci schiacciare dai problemi, determina se vinceremo o saremo sconfitti.
La morte è il punto finale della vita presente, ma allo stesso tempo è il punto di partenza della vita successiva. Nella profondità ed eternità della vita sono incisi gli ostacoli karmici accumulati nel passato. Anche la malattia è una loro espressione. Ma dal punto di vista del Buddismo essa è un espediente per condurre le persone all’Illuminazione.
Il problema della malattia nel Buddismo ha origini molto antiche.
Già nel III secolo d.C., Nagarjuna (1) suddivise e ordinò le malattie in “malattie karmiche” e “malattie presenti” e poi in “malattie del corpo” e “malattie della mente”.
Nel VI secolo d.C., T’ien-t’ai (2), nel Maka Shikan, offrì la più completa classificazione delle malattie dal punto di vista del Buddismo. Egli suddivise i tipi di patologie in tre grandi categorie:
- malattie del corpo
- malattie della mente
- malattie karmiche
Secondo T’ien-t’ai, le cause che generano le malattie sono sei:
- disarmonia dei quattro elementi
- assunzione eccessiva di cibi e bevande
- vita sregolata
- attacco di “demoni” dall’esterno
- azione di “diavoli” interni
- effetti del karma
Le prime quattro cause riguardano le malattie del corpo, la quinta causa le malattie della mente e la sesta le malattie karmiche.
“Demoni” e “diavoli” indicano l’azione di forze o di corpi che assumono una funzione distruttiva o destabilizzante per l’individuo.
Questa classificazione delle malattie va da quelle meno gravi a quelle più gravi, definite dalla medicina convenzionale “inguaribili” o “incurabili”. Proprio per queste ultime la pratica buddista diviene indispensabile. Se essa è in grado di curare le malattie definite incurabili (“karma immutabile”) a maggior ragione è efficace nelle malattie definite curabili (“karma mutabile”).
Il Buddismo fa continui riferimenti alla malattia e alla medicina utilizzando metafore, simbologie e allegorie tra il processo di Illuminazione e quello di guarigione. La scienza occidentale, improntata al razionalismo, tende alla separazione tra mente e corpo, individuo e ambiente, uomo e Universo. Il Buddismo, invece, afferma l’unicità di individuo e ambiente (non solo inteso come ecosistema).
Nel Gosho (3) “La benefica medicina per tutte le malattie”, Nichiren Daishonin afferma: “Dalla malattia nasce il desiderio di ricercare la Via”. In questo senso, la malattia da causa di sofferenza che determina paura, sconforto, senso di impotenza, diventa mezzo per trasformare il proprio karma ed ottenere l’Illuminazione. Questo modo di vedere la malattia pone l’accento sull’atteggiamento mentale nella cura e sull’importanza della salute psicologica e spirituale. Infatti, la disperazione e la rassegnazione sono la vera “malattia mortale”.
Tutta la storia del Buddismo può essere letta come una grande metafora del medico e della malattia: il medico è la Legge mistica (4), il malato è la vita. Molte sono le parabole in cui il Budda viene paragonato ad un medico, la sofferenza ad una malattia e i suoi insegnamenti ad una efficace medicina.
Shakyamuni stesso studiò a lungo la medicina e divenne esperto nelle tecniche mediche del suo tempo. Nagarjuna affermo’: “Il Sutra del Loto è come un grande medico che cambia il veleno in medicina”. Miao-lo (5) spiega: “Dato che può curare ciò che è ritenuto incurabile, è chiamato myo o mistico….Myo significa rivitalizzare, cioè far ritornare in vita”.
Veri e propri trattati di medicina e studi specifici sono stati scritti con lo scopo di classificare le varie malattie e individuarne le cause, le caratteristiche e i rimedi per curarle. Allo stesso Shakyamuni sono attribuiti quattro trattati, composti di 156 capitoli totali, nei quali vengono considerate sia le funzioni dell’organismo in stato di salute, sia le diverse malattie. Vi sono menzionati 84.000 tipi di malattie, la cui origine è da ricercarsi nelle diverse combinazioni tra “cause remote” e “cause immediate”. Le malattie dovute a “cause remote” vengono individuate principalmente nella mente, nell’attaccamento ai desideri terreni e nei tre veleni di avidità, collera e stupidità. Le malattie dovute a “cause immediate” sono dovute allo squilibrio tra i tre umori di “aria, bile e flemma”, energie fondamentali che governano il funzionamento dell’organismo umano. In base al rapporto tra i fenomeni della mente e quelli del corpo, le malattie vengono intese come differenti condizioni di “mente distorta”, collegate a specifici effetti fisici.
Nella medicina buddista viene data grande attenzione alla prevenzione delle malattie, all’igiene personale, alla cura del proprio corpo e all’alimentazione. Lo stesso Shakyamuni consigliava di seguire una dieta sana, di mantenere una accurata pulizia e di dormire bene.
Nei Sutra vengono menzionati spesso i bagni termali e i bagni caldi o freddi come cura di alcune malattie. Particolare attenzione veniva data all’esercizio fisico per aiutare la digestione, facilitare la concentrazione e la chiarezza di pensiero.
Shakyamuni non ricorse mai a guarigioni religiose o rituali magici. Egli dava alla gente indicazioni pratiche per curare le ferite e le malattie, prevenire le infezioni e le epidemie.
Un principio fondamentale della medicina e della filosofia buddista è l’inseparabilità della vita dal suo ambiente. Shakyamuni insegnava che per essere protetti dalle aggressioni esterne è necessario rispettare il proprio ambiente e qualsiasi forma di vita ne faccia parte. In questo modo è possibile sviluppare una inesauribile forza vitale in grado di perseverare ogni individuo da aggressioni e incidenti esterni.
Un altro principio fondamentale è quello dell’eternità della vita. Molte malattie considerate incurabili possono guarire grazie ad una visione più ampia che tenga conto delle persone e del loro karma. Secondo il Buddismo, esiste una stretta relazione tra le azioni che un individuo compie nel corso della vita e gli effetti che tali azioni possono avere durante la sua esistenza presente e futura. Le forme di malattia “inguaribile” di cui un essere umano può soffrire sarebbero il risultato di azioni compiute in questa o in altre esistenze contro la Legge mistica e la vita (es. aver ucciso una persona). Queste malattie “inguaribili” possono guarire solo attraverso una profonda trasformazione dell’individuo. Shakyamuni esortava le persone affette da malattie incurabili a risvegliare il loro innato potere curativo, facendo emergere la natura di Budda inerente alla loro vita. Dove un comune mortale vede nella malattia incurabile una disgrazia e un dolore impossibile da superare, il Budda (6) vede un fenomeno naturale che fa parte della vita stessa, come qualsiasi altro fenomeno. La guarigione è la conseguenza naturale della trasformazione del proprio karma.
Ogni malattia ha, generalmente, più di una causa. Per alcune patologie è possibile individuare una causa predominante, per altre no.
Le sei categorie di cause di malattia esposte da T’ien-t’ai possono anche muoversi e combinarsi, determinando la comparsa di altre patologie. In generale, tutte le malattie, dal momento che sono sofferenze, sono effetti del karma, cioè di cause negative. Ma la sesta categoria (malattie karmiche) si riferisce proprio alle cosiddette malattie “inguaribili”. L’unica medicina in grado di guarirle sarebbe la pratica buddista. Nel settimo volume del Sutra del Loto si legge: “Questo sutra è la benefica medicina per le malattie di tutta l’umanità”.
Le prime cinque cause di malattie sono prodotte nel corso dell’esistenza presente; la sesta ha origine nelle esistenze precedenti. Nel Gosho “Curare la malattia karmica”, Nichiren Daishonin (7) afferma: “I disturbi del sesto tipo derivano dal karma e sono i più difficili da guarire. Presentano diversi livelli di gravità e non è possibile formulare giudizi definitivi”.
La malattia karmica può essere sia fisica che mentale. La sua cura non è un problema strettamente individuale. Infatti, oltre al karma individuale esiste anche un karma familiare e un karma collettivo (sociale) e tutti interagiscono tra di loro. Questo è il riflesso del principio di inseparabilità della vita dal suo ambiente.
Secondo il Sutra del Loto, nemmeno un Budda è completamente libero dai dolori. La malattia è considerata come la naturale manifestazione di una condizione vitale. Ciò che conta è l’atteggiamento dell’individuo e la sua capacità di attivare il potere di guarigione intrinseco alla vita stessa. Paura e rassegnazione possono essere motivo di sconfitta, mentre la combattività e il rifiuto di considerare la malattia come una condanna a morte aumentano le probabilità di guarigione. La pratica buddista serve ad attivare e utilizzare gli illimitati potenziali ed energie inerenti alla vita, tramite lo sviluppo della buddità che esiste in ogni persona.
1. Nagarjuna: filosofo che collaborò allo studio e alla propagazione degli insegnamenti buddisti
2. T’ien-t’ai: massimo interprete degli insegnamenti contenuti nel Sutra del Loto e fondatore di una scuola che da lui prese il nome
3. Gosho: scritto in forma di lettera che Nichiren Daishonin inviava ai suoi seguaci per incoraggiarli nella fede e nalla pratica dell’insegnamento buddista di Nam-myoho-renge-kyo.
4. Legge mistica: legge della vita e dell’Universo che permea tutti i fenomeni. Nel buddismo di Nichiren Daishonin è sinonimo di Nam-myoho-renge-kyo.
5. Miao-lo: grande maestro buddista
6. Budda: persona che percepisce la vera entità di tutti i fenomeni e si è risvegliata alla Legge mistica.
7. Nichiren Daishonin (1222-1282): monaco laico buddista giapponese che rivelò per primo la Legge di Nam-myoho-renge-kyo., il 28 aprile 1253. Ottenuta l’illuminazione, egli rivelò la Legge mistica per fare in modo che tutti gli esseri umani potessero raggiungere l’Illuminazione. A questo scopo dedicò la sua intera esistenza, subendo numerose persecuzioni sia da parte delle altre scuole buddiste che dal governo giapponese. Egli materializzò la Legge mistica in un oggetto di culto chiamato Dai-Gohonzon, che rappresenta la sua vita illuminata nella forma di un mandala. Per estensione, il Gohonzon rappresenta la vita illuminata di ogni persona che recita Nam-myoho-renge-kyo davanti ad esso.